Iniziativa per l’espulsione dei criminali stranieri: le ragioni del NO

Il prossimo 28 febbraio siamo invitati ad esprimerci su vari oggetti di carattere federale. Uno di questi è l’iniziativa popolare proposta dall’UDC: “Per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri che commettono reati (Iniziativa per l’attuazione)”.
Nel 2010 una prima iniziativa per l’espulsione dei criminali stranieri fu accolta, in votazione, sia dal popolo che dai cantoni. Da quel momento le camere federali ebbero cinque anni di tempo, per emanare le nuove leggi indirizzate dal testo accettato. Nel dicembre 2012, quando il Consiglio Federale non aveva ancora presentato al Parlamento le proposte di attuazione, e la discussione sul tema non era stata ancora affrontata dal legislativo, l’UDC ha depositato la suddetta iniziativa per l’attuazione. Nel marzo 2015 il Parlamento ha emesso le disposizioni legali, che prendono in considerazione i casi di rigore.

La nuova iniziativa prevede l’espulsione automatica dalla Svizzera per gli stranieri che commetto reati, indipendentemente dalla gravità del fatto, dall’entità della pena e da altre circostanze. Perciò anche dei reati poco gravi possono portare all’espulsione.
La stessa richiede l’iscrizione di dettagliate disposizioni sull’espulsione direttamente nella costituzione. Inoltre, l’espulsione può essere realizzata anche senza una sentenza emessa da un giudice, essendo sufficiente un decreto d’accusa del pubblico ministero.
Per concludere, l’iniziativa permette la differita temporanea dell’espulsione nel caso si debba inviare qualcuno in uno stato in cui è a rischio tortura o persecuzione.

A mio umile avviso, questo oggetto in votazione deve essere assolutamente respinto.
In primo luogo, il nuovo testo cozza completamente con il nostro stato di diritto. Esso prevede l’elusione del Parlamento tramite disposizioni dettagliate direttamente dalla Costituzione. Ciò comporta un testo di legge con soluzioni meno praticabili e consensuali.
La nuova iniziativa non solo supera il legislativo, ma limita pure le competenze dei giudici, in quanto non è possibile la valutazione delle peculiarità di ogni caso.
Tra le varie negatività, c’è da considerare il fatto che il testo in votazione poterebbe a un superamento del “diritto internazionale cogente”. E per rimanere in tema, lo stesso porterebbe ad un contrasto tra la Svizzera e l’Unione Europea per quel che riguarda la libera circolazione delle persone.

Un’altra criticità consiste nel fatto che l’iniziativa non considera la separazione classica dei poteri, poiché vengono elargite meno competenze al potere giudiziario. Vi è un sostanziale scavalcamento di quest’ultimo. Si realizzerebbe una situazione paradossale, in cui il giudice è il popolo, mentre la giurisdizione non viene coinvolta.

In secondo luogo, il testo non rispetta uno de principi cardine del diritto: la proporzionalità, poiché viene inflitta una stessa pena, indipendentemente dalla gravità del fatto. In aggiunta non verrebbero considerate le circostanze. In poche parole, si potrebbe venire espulsi anche per un singolo reato minore. Il diritto moderno ci insegna che la pena dev’essere proporzionale alla gravità del reato. In tal caso ciò non sarebbe rispettato, con tutte le ingiustizie del caso.

In terzo luogo, l’iniziativa mette sullo stesso piano turisti del crimine e stranieri che sono nati o soggiornano da una vita in Svizzera. Addirittura persone con figli e famiglia residente nella Confederazione rischierebbero di essere rinviati nei propri paesi di origine, con drammi famigliari a seguire. Inoltre, ci sarebbe pure la possibilità che un giovane straniero, che non ha mai vissuto all’estero, possa essere rinviato in un paese in cui non ha mai vissuto e che non conosce. Tutto ciò può essere considerato come una ulteriore discriminazione verso gli stranieri, dato che ci sarebbe una pena diversa in base alla nazionalità. Il principio dell’uguaglianza e del “la legge è uguale per tutti” non sarebbero rispettato.

In quarto luogo, l’oggetto in votazione mette sullo stesso calderone reati piccoli e grandi, senza distinzione. Non è prevista una differenziazione dei reati e delle pene. Notabile, tra l’altro, il fatto che non vengono citati tra i crimini rei di espulsione i reati finanziari. Ciò significa che i criminali facoltosi rimarranno impuniti.

Gli iniziativisti affermano che la loro proposta porterà a una maggiore sicurezza. Tutto ciò è quanto mai falso e demagogico. Per risolvere la questione della delinquenza bisogna andare all’origine dei mali. Il che significa risolvere tutti i problemi di carattere sociale e socio-economico. Sono la miseria e l’emarginazione le cause principali della criminalità. La prevenzione reale passa attraverso politiche sociali, economiche ed integrative adeguate, con quest’ultime da considerare nel senso di lotta all’emarginazione sociale e professionale e alla ghetizzazione residenziale.

In conclusione, per tutti i motivi di cui sopra, invito caldamente i miei concittadini a respingere in sede di voto questa ingiusta e discriminante iniziativa popolare.

Fonti consultate:

“Burkhalter e Sommaruga: no a iniziativa su criminali stranieri” in Swissinfo.ch (http://www.swissinfo.ch/ita/burkhalter-e-sommaruga—no-a-iniziativa-su-criminali-stranieri/41930338; consultato il 12.02.2016)
“Porte spalancate ai criminali stranieri… purché siano ricchi!” Simone Cattaneo, in Partito Comunista della Svizzera Italiana (http://www.pdl.ch/index.php?option=com_content&view=article&id=560:2016-01-31-22-33-20&catid=6:votazioni&Itemid=39; consultato il 12.02.2016)
“Votazione popolare del 28 febbraio 2016. Spiegazioni del Consiglio federale” Confederazione Svizzera

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[L’articolo è stato pubblicato nei seguenti portali: Ticinonline, Ticino News, Ticino Live e Ticino Today]

Questo preventivo non s’ha da fare!

Qui di seguito trovate il comunicato diramato dalla Sezione del Partito, scritto da me, inerente la proposta di Preventivo per il 2015, consegnata dal Municipio ai consiglieri comunali. 

Il Municipio di Lugano ha presentato recentemente al Consiglio Comunale la proposta di preventivo per il 2015. L’obiettivo dell’esecutivo cittadino è di terminare l’anno con un disavanzo di gestione corrente di 30 milioni, a fronte di un prospettato deficit, senza alcuna misura correttiva, di 65 milioni. Ma come sezione luganese del Partito Comunista dobbiamo purtroppo registrare che, malgrado un debito ormai insostenibile, frutto anche di una passata e irresponsabile conduzione finanziaria, a fare le spese di questi risparmi sono soprattutto le fasce meno agiate della popolazione, i dipendenti comunali ed i giovani.

Sul lato dell’occupazione abbiamo tre manovre che ci vedono in disaccordo. In primo luogo il prelievo a carico dei dipendenti comunali di un contributo del 3% versato alla CPDL, già accettato dal Consiglio Comunale. In secondo luogo, la diminuzione dei posti di formazione per i giovani, che si ridurrebbero così di 25 unità. Questa è una misura gravosa e rappresenta un cattivo esempio, in quanto si andrebbero a togliere, in un contesto di crescente precarietà, importanti opportunità formative e occupazionali per i giovani. In terzo luogo, la soppressione tout court del progetto lavoro per i richiedenti d’asilo, per un mero risparmio di 100’000.-. Questi programmi occupazionali, che nel 2014 hanno fornito oltre 12’000 ore di lavoro alla città, permettono di impiegare gli asilanti in lavori utili ed apprezzati. Ciò significa oltretutto occupare gli stessi socialmente e a favore della comunità, cominciando così a integrarli nella nostra società.

Oltre a ciò rileviamo pure un sensibile aumento delle tariffe di refezione per le scuole dell’infanzia (da 3.- a 4.15.-), e per l’accesso alle mense e ai doposcuola delle stesse (da 3.- a 5.-). Per non parlare della soppressione del servizio di autobus notturni “Nottambus”, il cui costo ammonta a 60’000.- annui. Questo servizio è sempre stato utile per permettere alla gioventù luganese di tornare a casa con i trasporti pubblici durante la notte, e quindi di vivere al meglio l’offerta culturale e la movida della città. Tale provvedimento, oltre a depotenziare il servizio di trasporto pubblico, già molto carente in svariate zone di Lugano, rischia di inserirsi nel solco delle politiche anti-giovanili che sempre più piede trovano nel nostro cantone.

Siamo coscienti dell’importanza di risanare le finanze cittadine, ma i risparmi non vanno fatti sulle spalle dei dipendenti, dei ceti meno abbienti e sopprimendo servizi utili alla collettività. Bensì bisognerebbe finirla con gli investimenti in grandi opere fallimentari – come l’aeroporto di Lugano-Agno -, con gli sprechi nell’amministrazione, con una sprovveduta politica del personale legata anche a fattori clientelari, con una poco fruttuosa e trasparente elargizione di contribuiti esterni e mandati, e infine con la spropositata e inoculata gestione della città portata avanti dagli ultimi esecutivi (anche in materia di moltiplicatore).

Registriamo inoltre diverse mancanze nel preventivo: non è elencato un piano di rilancio per l’alloggio popolare (per cui vi è peraltro un’iniziativa popolare pendente); non vi è la volontà di estendere l’accesso alle mense ai redditi superiori ai 130’000.- in base al reddito, cosa già accettata dal Consiglio Comunale; non vi è una presa di coscienza del disagio sociale crescente, e di conseguenti misure sociali tese a combatterle.

Anche per questi motivi, esprimiamo la nostra contrarietà a questo preventivo. Il risanamento delle casse cittadine non deve passare dai sacrifici per i dipendenti, i giovani e le famiglie più modeste: altro si può, si deve e ci impegneremo a promuovere.

La degradazione moderna

Basta fare un giro per le nostre città; piazzarsi a una fermata dei tanti bus e mezzi di trasporto, che la gente in massa a fine giornata prende per tornare a casa, per osservare tanti volti vuoti, persi, stanchi, stressati, alienati. Non solo i volti portano i segni delle fatiche, ma anche i corpi: mal curati, malati, brutti.

Ogni qualvolta osservo nelle masse lo stress che li degrada, mi ritorna in mente questa affermazione di Marx: “Eppure, tutta la storia dell’industria moderna mostra che il capitale, se non gli vengono posti dei freni, lavora senza scrupoli e senza misericordia per precipitare tutta la classe operaia a questo livello della più profonda degradazione”.
Marx, nella sua critica al capitalismo e alle condizioni di vita del proletariato, tra le varie osservazioni, mette in rilievo come il fisico dei lavoratori si degradi a causa dei ritmi di produzione dettati dall’economia, dal capitale.
La prova di questo degrado è appunto riscontrabile nei volti della stragrande maggioranza delle persone che incontriamo per strada. E, con coraggio, lo si può osservare pure nel nostro quotidiano.
Negli ultimi anni i casi di depressione, di “burn-out”, di malattie psicologiche dovuti allo stress, sono in forte ascesa nei paesi più sviluppati. Ciò è dovuto al fatto che viviamo in società in cui la produttività, il profitto, la concorrenza sono messi in primo piano a scapito di altri valori, a discapito dell’uomo. Con l’ultima fase della divisione internazionale del lavoro, con lo sviluppo rapido della globalizzazione, con la concorrenza sfrenata dei mercati, questi aspetti vitali dell’economia -che hanno come conseguenza il degrado fisico, intellettuale, umano e sociale- hanno portato la nostra società, nel suo complesso, a convivere con ritmi forsennati, un maggiore stress, una maggiore pressione sociale.

Credo che sia il caso di darsi una calmata. Credo sia il caso di rimettere al centro della vita e della società l’individuo, l’uomo. Un’alternativa è, necessariamente, auspicata.

È sempre il 25 Aprile: come 40 anni fa!

Qui di seguito vi propongo il comunicato ufficiale del Partito Comunista della Svizzera Italiana che ricorda i 40 anni della Rivoluzione dei Garofani portoghese, scritto a quattro mani dal sottoscritto insieme a Massimiliano Ay. 

Esattamente 40 anni fa, al suono della canzone popolare rivoluzionaria “Grandola Vila Morena”, il Movimento delle Forze Armate portoghesi, capeggiato da capitani antifascisti, iniziava le operazioni militari per rovesciare il regime fascista guidato da Marcelo Caetano. I fatti di quel giorno, verranno ricordati come la Rivoluzione dei Garofani, poiché a simboleggiare i fini nobili dei capitani, essi infilarono nelle canne dei propri fucili i garofani che sbocciavano abbondanti in quel mese.

La Rivoluzione dei Garofani ponendo fine al regime fascista reazionario che opprimeva il popolo portoghese fin da gli anni ’20, fermò anche anche la guerra coloniale, che produsse un numero elevato di vittime sia sul fronte portoghese, sia sul fronte dei popoli africani che lottavano per la libertà e la propria autodeterminazione. I fatti del 25 aprile 1974 non furono importanti solamente perché si depose il tiranno e si terminò con la guerra colonialista, ma in quanto fu l’inizio di una svolta epocale per la società portoghese: non si trattò di un semplice colpo di stato, bensì di una rivoluzione sociale a tutti gli effetti.

All’epoca dei fatti le forze politiche contrarie alla dittatura meglio organizzate erano quelle della sinistra e la maggioranza dei militari coinvolti aspirava ad andare oltre alla “semplice” riconquista della democrazia. La sinistra portoghese, capitanata in primo luogo dal Partito Comunista Portoghese (PCP) di Alvaro Cunhal, colse l’opportunità, per la quale i militanti che soffrirono la repressione fascista avevano lottato: trasformare radicalmente la società portoghese, mettendo a capo della Rivoluzione i valori di libertà, democrazia e giustizia sociale al servizio delle masse popolari e lavoratrici. Il “25 de Abril” non solo rappresenta quindi la fine della dittatura fascista, ma anzitutto è il simbolo eterno dell’autodeterminazione popolare e della liberazione sociale di un intero Paese. Non è un caso, infatti, se il preambolo della Costituzione della Repubblica esorti i parlamentari costituenti ad “aprire il cammino per una società socialista […]”, mentre il Primo Ministro del governo provvisorio, il compagno colonnello Vasco Gonçalves, non faceva mistero della sua parole d’ordine: “rumo ao socialismo”.

Deposto il fascismo furono concretizzate importanti riforme strutturali quali la nazionalizzazione delle banche e delle aziende strategiche per l’economia nazionale, la riforma agraria, l’introduzione del salario minimo (che in Svizzera stiamo ancora attendendo!), della tredicesima mensilità, del sussidio contro la disoccupazione, un aumento delle pensioni nonché l’introduzione della libertà sindacale e del diritto di sciopero. Senza scordarci l’uguaglianza di diritti tra donne e uomini e l’estensione a tutto il popolo dei servizi primari quali istruzione e sanità. Vasco Gonçalves e il Movimento delle Forze Armate, per salvare la rivoluzione, dovettero però affrontare gli attacchi mascherati del Capitale, sia interno che esterno, il quale, consapevole di perdere i privilegi che gli erano garantiti dal fascismo, attuava gli schemi più perversi per destabilizzare l’unità rivoluzionaria.

La chiara volontà del superamento dell’ordinamento borghese per costruire la democrazia socialista venne meno non solo a causa delle prevedibili infiltrazioni delle potenze imperialiste (che l’anno prima avevano rovesciato il presidente Salvador Allende in Cile e che ancora oggi intervengono ai danni della Rivoluzione Bolivariana in Venezuela) ma anche e soprattutto per il tradimento del Partito Socialista, alleatosi con le forze conservatrici e liberali-moderate, e incapace di proseguire sulla via dell’unità della sinistra. La prospettiva del socialismo fu spenta e per anni i governi di centro-destra e di centro-sinistra successivi hanno attaccato, ridotto, svuotato di significato le importanti riforme sociali che il popolo portoghese – dopo gli anni della repressione fascista e del corporativismo economico – conquistò con quel 25 aprile di quarant’anni fa.

Oggi è più che mai importante ricordare questo momento, in quanto la ricchezza dell’esperienza portoghese non si ferma ai confini lusitani, essa al contrario si estende alla lotta internazionale per una società più democratica, più giusta, più equa e più sociale. Chi crede nei valori del socialismo, deve guardare alla Rivoluzione dei Garofani e alla sua fase post-rivoluzionaria con ammirazione, ma anche con la giusta critica e il giusto interesse intellettuale e politico. Essa fu fin dal principio una situazione atipica: ebbe luogo in Europa Occidente, quando nessuno immaginava che un sovvertimento radicale della società fosse ancora possibile e proprio mentre altrove, anche  fra i comunisti, si facevano strada visioni opportuniste e revisioniste che rifiutavano ogni sollevazioni rivoluzionaria. Ma il “25 de Abril” fu atipico anche perché avvenne nel pieno della crisi petrolifera del capitalismo che aprì la strada al più duro liberismo anti-operaio. Il compagno colonnello Vasco Gonçalves disse dopo alcuni decenni dal quel lontano 1974: “Oggi penso che non ci sia spazio per una ‘terza via’. L’esperienza del passato e del presente ci mostra che la ‘terza via’ va sempre a destra, cammina sempre in una direzione riformistica del capitale, per l’idea di una presunta ‘riforma del capitale’. Si cerca di raggiungere un capitalismo riformato, senza superare il capitalismo. Il capitalismo non è riformabile, perché le relazioni sociali su cui esso si fonda e senza le quali non può sopravvivere, sono intrinsecamente ingiuste e poggiano sullo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. La ‘terza via’ non persegue profonde realizzazioni nelle strutture economiche e sociali. Basti guardare all’Inghilterra, la Francia e la Germania per convincersene. Jospin in Francia, Schroeder in Germania e Blair in Gran Bretagna hanno adottato la pratica delle politiche neoliberiste e delle privatizzazioni. Tutti coloro che aspirano a collocarsi tra capitalismo e socialismo, finiscono per adottare politiche neoliberiste”.

Occorre oggi all’inizio del XXI secolo andare oltre la memoria della lotta portoghese del 1974 e vederne gli insegnamenti in modo completo. E’ nostro preciso dovere di comunisti ricercare, oggi come allora, nuovi spazi per l’unità d’azione delle fasce popolari e delle forze progressiste. E’ nostro compito non banalizzare i rischi delle involuzioni autoritarie coperte da una democrazia sempre più solo formale e ribadire anzi la pregiudiziale anti-fascista di fronte alle svolte securitarie della borghesia europea. E deve essere un nostro impegno militante denunciare ogni forma di imperialismo ai danni dei popoli africani, asiatici e latinoamericani, i popoli dei paesi poveri che tentano di emergere, perché il 25 aprile 1974 è stato tutto questo!

Il Partito Comunista della Svizzera Italiana è impegnato a ridare slancio ai valori del “25 de Abril”: libertà, democrazia, solidarietà, sovranità popolare, uguaglianza! perché! Il Portogallo, i paesi del Europa del sud e non solo si trovano dinanzi a una nuova dittatura: quella dei mercati e della finanza che opprime i popoli. La lotta per una società nuova non si è fermata 40 anni fa, essa prosegue con una strategia ferma ma con una tattica flessibile e adatta ai tempi, contro le nuove espressioni della reazione e del capitalismo.

Viva o 25 de Abril! 25 de Abril, sempre!

Partito Comunista della Svizzera Italiana

Stefano Araujo, Collaboratore Dipartimento Esteri; Massimiliano Ay, Segretario Politico.

[Il comunicato è stato ripubblicato sul sito ufficiale del Partito Comunista, e da TicinoLibero, mentre sul sito Kommunisten.ch è stato tradotto e ripubblicato in tedesco] 

Agenti a processo: un segnale contro gli abusi e l’omertà

Qui di seguito potete leggere il comunicato scritto da me, in qualità di responsabile della sezione Luganese del Partito Comunista, a riguardo del caso dei due agenti di polizia, condannati per il pestaggio di un rumeno. 

È notizia la condanna definitiva, da parte del giudice Mauro Ermanni, dei due agenti della Polizia di Lugano che il 27 marzo dell’anno scorso picchiarono e abbandonarono un rumeno, precedentemente fermato alla stazione di Lugano, in un bosco di Arogno. La sentenza è di 18 mesi di carcere sospesi con la condizionale per un periodo di due anni.

La sezione luganese del Partito Comunista si felicita del fatto che sia stato dato seguito alla segnalazione del suddetto abuso di potere e inoltre auspica, oltre a una giusta condanna, pure che gli stessi colpevoli non vengano in alcun modo reintegrati all’interno delle forze dell’ordine. Crediamo infatti che, a fronte di un sensibile aumento di denunce rivolte contro gli abusi di Polizia, si riesca in questo modo a lanciare un segnale forte contro gli stessi e l’omertà che sovente tende a coprirli.

Il Partito Comunista è da tempo che denuncia la violenza ingiustificata e gli abusi di potere perpetrati da alcuni agenti, soprattutto nei confronti dei soggetti più vulnerabili e fragili. Per questo motivo rinnoviamo l’invito alle autorità comunali preposte, chiedendo che sia fatta luce anche sugli altri presunti abusi di potere, che non si nascondano o minimizzino tali spiacevoli eventi, che vengano fatti dei controlli più severi durante la selezione dei poliziotti, e che vi sia una maggiore sensibilizzazione degli agenti sul tema durante la formazione, per prevenire futuri casi analoghi.

[Lo stesso articolo è stato ripubblicato da TicinoLibero, dal Blog del Partito Comunista di Lugano, e da Ticino News]

Perché la vittoria di Renzi non è un male (assoluto)

Sia ben chiaro: a me Renzi non piace. Se avessi avuto diritto di voto in Italia non l’avrei votato. Sia perché è alternativo e bravo solo dal lato della comunicazione e non delle proposte; sia perché di sinistra non ha ben nulla.
Ciò nonostante, ritengo positiva la sua vittoria nelle Primarie del PD per due motivi importanti.

In primo luogo, come futuro candidato Premier, Renzi sarà capace, grazie alle sue doti di leader e di trascinatore, di limitare l’ascesa di Grillo e il ritorno di fuoco di Berlusconi, riuscendo a ottenere voti nell’elettorato di centro e di centro-sinistra che ha smesso di votare PD. Insomma, la sua candidatura potrebbe, teoricamente, portare il centro-sinistra finalmente a una vittoria schiacciante e a percentuali di voto alte, tali da permette a un partito (seppur vagamente) progressista di governare da solo in Italia.

In secondo luogo, perché con la sua vittoria schiacciante (68% dei voti), e con la sconfitta sonante del candidato dell’apparato storico, Cuperlo (fermo al 18%), la base e i simpatizzanti del PD hanno dato l’estrema unzione alla dirigenza storica, rea, fin dai tempi della svolta della Bolognina, di aver prima liquidato quella esperienza progressista bellissima che era il PCI, poi di aver lasciato governare Berlusconi in tutti questi anni, senza profilarsi come valida alternativa, e senza proporre, quando brevemente al governo, alcuna riforma di sinistra e di giustizia/legalità tangibile.
Essendo speranzoso nella nascita in Italia di un vero partito socialdemocratico con cui confrontarsi, capace di essere reale guida di tutta la sinistra, la mancata elezione del rappresentate di quell’apparato dirigenziale incapace e autodistruttivo -che deve allontanarsi definitivamente dalle stanze del potere- mi rende fiducioso e felice.

Peccato solo che ci sia voluto bisogno di Renzi; di guardare al centro per “rottamare” l’attuale classe dirigente; e che ciò non avvenga grazie a una personalità di sinistra, capace di riportare tutto il treno del centro-sinistra sui binari dei valori storici del progressismo e del socialismo.

Zurigo, 9.12.2013

Di patriottismo e di valori elvetici

Oggi è il Primo di Agosto, festa nazionale svizzera in cui si ricorda la sottoscrittura del Patto Federale del 1291, ritenuto storicamente l’atto di nascita della Confederazione Elvetica.
Durante la giornata sono tanti gli eventi, gli incontri di carattere politico in cui si festeggia il Paese, tra cui la manifestazione nazionale più importante: la cerimonia commemorativa che si svolge ogni anno sul praticello del Grütli (Canton Uri), a cui partecipa almeno un Consigliere Federale, invitato a fare un discorso indirizzato al popolo.

Data la particolarità della giornata, colgo l’occasione per presentarvi una riflessione breve sul patriottismo e sui valori svizzeri, in risposta alla destra e ai nazionalisti che accusano la sinistra di essere antipatriottica.

La destra e i gruppi nazionalisti accusano continuamente la sinistra -in paricolare i partiti e le organizzazioni di respiro internazionalista- di essere antipatriottica, di andare contro il Paese, di essere solo a favore degli stranieri, ogni volta che qualcuno, con critiche costruttive, tenta di mettere in luce le ombre e le oscurità che aleggiano sulla politica e società svizzera. In poche parole, ogni critica verso il sistema svizzero e le peculiarità del sistema economico e sociale elvetico, viene denigrato e tacciato di antipatriottismo. Ciò è assolutamente sbagliato, e nasce da una interpretazione errata del patriottismo e del nazionalismo.
A mio avviso -ed è la stessa opinione di molti compagni- il patriottismo non si manifesta attraverso inni, sbandieramenti di bandiere o rievocando miti nazionali inesistenti come Guglielmo Tell, ma soprattutto non si deve manifestare con posizioni nazionaliste (che generano solo odio e fascismi) del genere “noi siamo meglio che gli altri”, “siamo il paese migliore del mondo”. Al contrario, il patriottismo che propongo io è uno patriottismo sano e romantico: un patriottismo che si manifesta nella difesa del patrimonio storico, culturare e naturale del paese, un patriottismo che si manifesta nella difesa dell’economia (non solo del grande capitale) e della socialità nazionale, nella difesa della sovranità nazionale politica, democratica ed economica, ed in misura maggiore si manifesta nella difesa di tutti i lavoratori, i cittadini e delle classe popolari più deboli che vivono in Svizzera. Il patriottismo, insomma, si manifesta attraverso la socialità, l’altruismo, il senso di comunità e l’ecologismo. L’amor patrio si dimostra così: lavorando, politicamente, a favore della comunità, del popolo svizzero tutto (e non solo di alcuni pochi eletti) e del patrimonio naturale, secondo i valori della solidarietà popolare e internazionale. In ciò la presenza attiva della sinistra è sensibile, a differenza di quanto propinato dai nazionalisti.

Per quel che riguarda i valori svizzeri, dobbiamo riscoprirli e concretizzarli nel mondo corretto. Non è attraverso l’inasprimento della legge sull’asilo, non è con la difesa del segreto bancario che difende solo i grandi evasori, non è con la soppressione dell’insegnamento dell’italiano nei licei svizzero tedeschi, non è proibendo la costruzione di minaretti che si fa onore ai valori fondamentali elvetici che ci contraddistinguono: il multiculturalismo, il federalismo, la democrazia, la solidarietà, il rispetto dei diritti umani e civili, il rispetto delle minoranze e dei più deboli e la neutralità.
In particolare, sono il multiculturalismo e la tolleranza che ci rendono unici: svizzero francesi, svizzero tedeschi, svizzero italiani, cattolici e protestanti vivono storicamente uniti nel rispetto, nella pace e nella reciproca tolleranza. È questa la nostra particolarità e forza, e su questi valori bisogna ripartire per migliorarci e migliorare sia le condizioni di vita di coloro che vivono in Svizzera che i rapporti internazionali in vista della pace e dell’armonia globale.
Ma a quanto pare, quando si parla di stranieri, di immigrati, di asilanti, il valore del multiculturalismo, della solidarietà e del rispetto dei diritti umani, viene dimenticato amaramente. Ci si dimentica, troppo spesso, che siamo la patria della Croce Rossa e della soliderità internazionale. Peccato.

Dove ha perso la Sinistra? Dove deve andare?

La Sinistra occidentale in questi ultimi anni ha perso in modo clamoroso e sensibile. Ha perso, essenzialmente, perché si è occupata principalmente dei diritti civili e dell’etica politica, dimenticandosi il tema principale su cui ruota l’esistenza dell’uomo: il lavoro. È il lavoro il punto nevralgico dell’economia, su cui ruota la nostra quotidianità.

Il socialismo, in tutte le sue varie forme, è nato come “risposta” al conflitto tra capitale e lavoro. Nasce all’interno delle contraddizioni e dei problemi legati al mondo del lavoro. E lì che si trova la sua ragion d’essere. Il sindacalismo, la lotta per i diritti dei lavoratori e per le migliori condizioni dei salariati sono la ragion d’essere di una Sinistra che vuole definirsi tale.

A quanto pare troppi compagni l’hanno dimenticato in tutti questi anni di sbornia neoliberista. Ora ne pagano le conseguenze, e si chiedono – sorpresi!- come mai i lavoratori votano in massa la destra populista.

Solo dando una risposta alla questione del lavoro, rimettendolo al centro dell’agenda politica, solo rispondendo alle sfide della terza divisione internazionale del lavoro, la Sinistra occidentale tutta potrà tornare a vincere, migliorando così, a ragion dell’attuale disastrosa situazione economica e sociale, realmente le condizioni di vita dei lavoratori, dei giovani, dei bisognosi e dalla società tutta.

Giovani? Non solo movida!

Durante la recente campagna elettorale si è parlato tanto quasi esclusivamente, nel contesto delle politiche giovanili, della movida luganese. Mojito, discoteche, orari di chiusura sono i temi che hanno monopolizzato il dibattito. Io sono il primo a desiderare una città attiva alla sera, in cui divertirmi e socializzare al meglio. Sarei un ipocrita se non ritenessi comunque importanti le questioni appena citate. Il mio intento, con questo intervento personale, è invece quello di estendere il discorso alla cultura giovanile.

Lugano, a differenza di altre realtà ticinesi, presenta già un offerta iniziale culturale di rispetto. Il punto è che si potrebbe e si dovrebbe fare di più per quel che riguarda la cultura giovanile. Bisognerebbe aumentare le proposte e migliorare quelle esistenti, affinché la città sia attrattiva per i giovani non solo di notte, ma anche nelle restanti ore della giornata. Ci sono tanti edifici vecchi e inabitati nella città che potrebbero essere restaurati e convertiti in spazi da dedicare ad attività come mostre di talenti artistici locali giovani, come sale dove poter esprimere e sviluppare il proprio talento artistico, musicale, letterario o teatrale. Si potrebbero anche organizzare piccoli festival cinematografici a prezzi ridotti dove dare spazio a registi giovani e locali. Gli stessi spazi potrebbero essere trasformati in nuovi centri giovanili, dove i ragazzi possano incontrarsi e socializzare nel weekend, partecipando ad attività che vanno dai concerti musicali ad altre attività artistiche e didattiche. Centri e attività che potrebbero essere autogestiti dai ragazzi, coinvolgendoli così più attivamente e responsabilmente. Le idee, le persone e i mezzi non mancano.

Qualcuno potrebbe obiettare: sì, ma come finanziamo tutto ciò? La mia risposta è: analizziamo gli sprechi comunali, reinvestendo i risparmi ottenuti nel Dicastero Giovani ed Eventi e nella cultura di respiro comunale. Si tratta comunque di minime spese comunali, di spese necessarie per far crescere culturalmente, personalmente e socialmente i nostri giovani. Inoltre, anche i privati, come le associazioni artistiche, potrebbero contribuire ai vari progetti.

Ciò considerato, come candidato, mi impegno per una cultura cittadina che sia per tutti e alla portata di tutti: anche per i giovani e le classi meno abbienti.

[Quest’articolo è stato pubblicato anche su Ticinonline su Ticino Libero il 10.4.2013]

L’Italia come la Svizzera?

Ieri il popolo italiano si è espresso attraverso le urne sul nuovo parlamento e senato dalle Repubblica Italiana. Il risultato è stato completamente inaspettato, essendo molto lontano sia dai sondaggi delle ultime settimane che dall’exit poll: il MoVimento 5 Stelle ha ottenuto il  titolo di primo “partito d’Italia” col 25.55% alla Camera dei Deputati; la coalizione di centro sinistra, guidata da Bersani, ha ottenuto soltanto il 29.54 %, utile comunque per ottenere, grazie alla legge elettorale, la maggioranza assoluta alla Camera; la coalizione di centro destra, guidata da Berlusconi, è riuscita a rimontare l’enorme svantaggio paventato dai sondaggi di un mese fa, attestandosi al 29.18%; Monti, leader del centro, ha ottenuto solo l’8%. Il problema maggiore, però, consiste nella mancanza di una maggioranza assoluta al Senato: Bersani ha ottenuto soltanto 120 seggi, incalzato da Berlusconi fermo a 113 seggi. Riassumendo: il bipolarismo è morto: ora sono quattro i poli: CS, CD, M5S e Monti; ma soprattutto c’è una situazione di ingovernabilità dovuta alla mancanza di maggioranza al Senato.

Coscienti della situazione imprevista, tutti le parti in causa hanno cominciato a fare annunci, considerazioni, analisi su come si potrebbe risolvere la situazione. Il PDL propone un governissimo di unità nazionale (PD + PDL), alcuni del PD propongono un’alleanza con Grillo, Monti è disponibile al dialogo con tutte le parti, altri parlano di ritornare subito al voto per esprimere una maggioranza pure al Senato, mentre Grillo ha annunciato che non farà alleanze con nessuno – e ci mancherebbe altro, data la sua campagna anti partitocrazia e anti sistema. Tre dunque sono le certezze: il M5S non si presta ad alleanze; non c’è unanimità, momentanea, sul da farsi; la maggioranza delle voci espresse concorda che tornare al voto non è possibile dato il momento di crisi e la pressione esercitata dai mercati e dall’Unione Europea.

Ciò considerato, sono dell’idea che bisogna abbandonare, data la situazione assai problematica, l’idea di cercare a tutti i costi un’alleanza che avrebbe, dati i dati alla mano e le affermazioni di questi giorni, soltanto vita breve, a favore di un sistema parlamentare, simile a quello elvetico – dove, per l’appunto, sono presenti quattro aree politiche ben divise- in cui si creano maggioranze e minoranze ad hoc in base alle riforme presentate, proposte sia dal governo che dai partiti presenti in parlamento. In poche parole: nessuna alleanza di governo prestabilita, ma coalizioni con rapporti di maggioranza e minoranza sulle riforme che il paese necessita urgentemente per affrontare la crisi economica e sociale. Il governo e i ministri sarebbero comunque proposti e guidati da Bersani, poiché è la coalizione di centro sinistra che ha ottenuto in entrambe le camere, se si considera la somma dei voti nazionali, la maggioranza relativa. L’onere e il diritto di governare è tutto in mano al cento sinistra. Ciò, non esclude comunque la possibilità di nominare ministri di altre fazioni. Inoltre, se l’intero sistema parlamentare accettasse il cambio di paradigma, non ci dovrebbero essere problemi al senato sulla voto di fiducia da verso il governo guidato da Bersani.

I più potrebbero obiettare, leggendo la mia proposta, che ciò è impossibile perché tutti i politici italiani sono nati e cresciuti con la mentalità del bipolarismo; che in Italia è impossibile creare coalizioni ampie per via dei personalismi e delle strategie singole che potrebbero frenare la corretta legiferazione parlamentare.
Io non escludo ciò. Ma considerato che in tempo di crisi è stato possibile unire i due grandi nemici sotto il motto dell’unione per il bene del paese e sotto un governo tecnico, non penso, che data la situazione ancora più grave e critica, che sia impossibile creare continuamente delle coalizioni ad hoc sulle riforme. Se poi non funziona, si può tornare al voto. Ricordiamoci, in ogni caso, che è necessario un cambio radicale della mentalità della classe politica: la situazione la esige. Tentare, dunque, non nuocerebbe quanto nuovi mesi di estenuante campagna elettorale o mesi di parlamento bloccato perché senza governo…